Premesso che:
a 9 anni dall'inizio del conflitto in Siria, risalente al marzo 2011, la crisi umanitaria rimane drammatica. Secondo le stime fornite dal the Syrian network for human rights (SNHR) si contano non meno di 400.000 morti e circa 5,4 milioni di profughi e circa un milione di sfollati nel nordovest del Paese. A quanto detto si aggiungano i combattimenti ancora in corso, le infrastrutture al collasso e un'economia martoriata dal conflitto e dalle sanzioni economiche: uno scenario, dunque, che con il diffondersi della crisi epidemiologica dovuta al COVID-19 può trasformarsi in una catastrofe di dimensioni spropositate;
particolare preoccupazione desta la situazione nella provincia di Idlib, teatro dell'ultimo scontro armato, avvenuto nel dicembre 2019, tra le truppe del presidente Bashar al Assad, sostenute dalla Russia, l'Iran e Hezbollah contro l'opposizione siriana, i combattenti alleati dell'Esercito siriano libero, il Partito islamico del Turkestan e gli altri ribelli jihadisti salafiti presenti ad Idlib e nel governatorato circostante sostenuti, invece, dalla Turchia. Occorre evidenziare come prima dell'inizio dell'offensiva, risalente al dicembre 2019, vivessero nella zona circa 3 milioni di persone. Da allora circa un milione sono fuggite, andando ad affollare i campi profughi lungo la frontiera con la Turchia, già allo stremo. Da dicembre ad oggi, secondo l'OMS, l'aviazione siriana ha bombardato 84 ospedali, con una serie di attacchi mirati contro i presidi sanitari. In questo drammatico contesto, come riportato da diversi mezzi di informazione di tutto il mondo, i pochi medici rimasti nel Paese si aspettano oltre mezzo milione di contagi da COVID-19, con stime che oscillano tra le 100.000 e le 200.000 vittime;
considerato che:
il 17 maggio 2019 il Consiglio d'Europa ha prorogato fino al 1° giugno 2020 le misure restrittive della UE nei confronti del regime siriano. Infatti, con la decisione 2011/273/PESC il Consiglio dell'Unione europea aveva disposto l'embargo sulle armi, il divieto di esportare attrezzature per la repressione interna, restrizioni all'ammissione nell'Unione europea, congelamento dei fondi e delle risorse economiche di determinate persone ed entità ritenute responsabili della violenta repressione a danno della popolazione civile in Siria. In applicazione di questa decisione, è successivamente entrato in vigore il regolamento (UE) n. 442/2011. Alle citate sanzioni sono da aggiungersi quelle degli Stati Uniti che, messe in atto dal 2003 con il "Patriot act" con il quale la Siria è stata dichiarata "parte dell'asse del male", insieme a Iraq, Iran, Libia, Corea del Nord e Cuba, sono state esponenzialmente inasprite a partire dall'inizio della guerra nel 2011. Le sanzioni sono state accompagnate dalla progressiva chiusura delle ambasciate europee e hanno finito per limitare pesantemente tutti gli scambi di natura economica con il Paese, anche quelli relativi alla fornitura di energia e all'acquisto di medicinali, nonché qualunque forma di supporto economico alle azioni umanitarie sul territorio;
l'organizzazione non governativa New humanity e l'AMU (Azione per un mondo unito onlus) hanno lanciato in questi giorni un appello rivolto a Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, a Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, a Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d'America, a David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, e a Nancy Patricia Pelosi, speaker della Camera dei rappresentanti Usa, perché sia revocato l'embargo economico nei confronti della Siria e adottate misure tempestive e concrete per fornire un aiuto efficace al popolo siriano nella lotta contro la pandemia. Un'iniziativa che, come sottolineato dai promotori, "non va nel merito delle varie posizioni politiche e, al contrario, vuole andare oltre i partiti, poiché l'obiettivo di salvaguardare la popolazione civile siriana è al di sopra di qualsiasi orientamento politico o ideologico". Tra i primi firmatari, Romano Prodi, già presidente della Commissione europea, Cornelio Sommaruga, già ambasciatore della Svizzera e presidente della Croce rossa internazionale, don Ivan Maffeis, portavoce e sottosegretario della CEI, Susanna Camusso, responsabile relazioni internazionali della CGIL. Come si legge nell'appello: "Siamo in un momento storico in cui occorre avere il coraggio di prendere decisioni senza precedenti, perché la situazione lo richiede. Nessuna considerazione geostrategica può prevalere sul diritto di ogni Siriano al rispetto della propria dignità umana. Per questo (...) l'embargo e le sanzioni sembrano, in questo particolare momento storico, crudeli e inaccettabili, perché privano donne, uomini, giovani e bambini degli aiuti e del sostegno che possono rivelarsi vitali per sopravvivere al pericolo concreto rappresentato dal Covid-19";
a quanto detto si aggiunga che diverse personalità cristiane hanno chiesto la cancellazione delle sanzioni, per lenire le sofferenze della popolazione, tra queste occorre menzionare l'arcivescovo maronita di Damasco che parla di Paese nella "fossa", il vicario apostolico di Aleppo secondo cui le sanzioni "affossano la popolazione" e, infine, occorre ricordare come lo stesso papa Francesco, nel messaggio pasquale abbia chiesto che "si allentino (…) le sanzioni internazionali",
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo non ritenga necessario e urgente attivarsi in tutte le opportune sedi internazionali, perché siano temporaneamente sospese le misure restrittive di natura economica contro la Siria, al fine di consentire tutti gli scambi necessari a contrastare la drammatica crisi sanitaria da COVID-19 che potrebbe finire con l'arrecare ad un Paese già stremato dai 9 anni di conflitto un ulteriore enorme tributo di vite umane.